La legione di manicure a New York inizia ad arrivare nelle strade del Queens alle 8 di mattina, e va via a tarda notte, dopo turni di lavoro di 10-12 ore. Le condizioni di lavoro delle professioniste della bellezza sono state approfondite da un’inchiesta pubblicata dal New York Times la scorsa settimana.
Perché ha fatto clamore? Perché a New York ci sono circa 2000 saloni di bellezza (il numero è triplicato negli ultimi 10 anni) e molti assumono giovani donne asiatiche o ispaniche sfruttandole e sottopagandole. I proprietari dei saloni chiedono ai nuovi dipendenti, per essere assunti in prova, una tassa di 100 dollari; per tutto il periodo di prova (che spesso dura fino a 3 mesi) le nuove manicure non ricevono stipendio, ma solo le mance lasciate dalle clienti. Quando, e se, il capo decide che sono abbastanza abili da meritare uno stipendio, allora possono guadagnare fino a 30 dollari al giorno, ma nella maggior parte dei casi il compenso è orario, e ammonta a uno o due dollari all’ora per turni settimanali di 66 ore.
Il New York Times ha intervistato più di 150 operai del saloni e proprietari e ha scoperto che la stragrande maggioranza dei lavoratori sono pagati al di sotto salario minimo; a volte non sono nemmeno pagati. I lavoratori subiscono ogni sorta di umiliazione, incluso il sequestro delle mance per trasgressioni minori, la videosorveglianza costante dai proprietari, e a volte anche abusi fisici. I datori di lavoro sono raramente puniti per lo sfruttamento del lavoro e altre violazioni.
La situazione qui in Italia non sembra così drammatica, o almeno non nel settore estetico, mentre sembra avere la stessa deriva nel settore parrucchieri: prezzi bassi, anzi bassissimi, scontati grazie alla manodopera sottopagata e sfruttata. Certo non è una situazione facile da risolvere: la concorrenza a basso prezzo mette in difficoltà le piccole realtà artigiane del settore; i lavoratori sono costretti ad accettare salari così bassi perché è la loro unica fonte di sostentamento; i clienti si accontentano di un servizio più economico per la riduzione di spesa della crisi. Insomma nessuno è contento né soddisfatto: dovremo prepararci a questo anche nel settore estetico?