Può un’azienda di cosmetici italiana emergente diventare un caso di successo mondiale? La risposta è si: parliamo infatti di Kiko, la società di cosmetici milanese che sta adottando i principi già utilizzati con successo da catene di abbigliamento “fast-fashion” come Zara e H&M, e che si sta espandendo in tutti i mercati. Di solito non promuoviamo marchi di prodotti ma in questo caso non stiamo parlando solo di un marchio, ma di una strategia di marketing vincente, raccontata questa settimana anche dall’Economist.
La formula di successo è quella che vede una continua evoluzione nella line-up di prodotti nei negozi per incoraggiare i clienti a visitarli di frequente, rapidi adeguamenti alle ultime tendenze dei consumatori e prezzi bassi, supportati da una strategia social coinvolgente (ne abbiamo parlato anche nel nostro ebook con le best practice su Facebook). Il suo successo sta incoraggiando alcuni dei marchi più grandi del settore a ripensare il loro modello di distribuzione.
In tutto il mondo, il mercato dei cosmetici (compresi i detergenti e creme per la pelle e il make-up) è cresciuto del 3,6% a € 181.000.000.000 nel 2014 e si prevede un raddoppio nei prossimi 10-15 anni. Finora, l’industria è sostanzialmente stata divisa in due: marchi più costosi venduti nelle catene di bellezza e negli store specializzati o in concessioni nei grandi magazzini, dove i clienti possono provare loro e ottenere consigli di bellezza prima di acquistare; marche più economiche vendute in negozi, supermercati o farmacie, con poco servizio clienti. La catena Kiko offre il meglio dei due mondi: prezzi a buon mercato, e consigli per gli acquisti.
La crescita di Kiko sembra incoraggiare altre imprese del settore a riconsiderare i loro modelli di business. Marchi di fascia alta come Benefit (parte di LVMH) e L’Occitane si stanno concentrando sempre di più sui propri punti vendita e meno sulla vendita attraverso altri rivenditori. Nocibé, un grande retailer francese, l’anno scorso ha cominciato a testare negozi che vendono soprattutto il suo marchio propri cosmetici, e anche L’Oréal, il più grande gruppo di cosmetici al mondo, sta aprendo dei “dermacentres”, punti vendita che vendono i propri marchi skincare, come Vichy e La Roche Posay.
A quando qualche innovazione anche nel settore dei cosmetici professionali?
Aggiornamento del 14 Dicembre 2015
In seguito alla discussione avvenuta sulla pagina Facebook riporto qui le conclusioni e i nostri commenti sull’articolo:
Questo articolo è nato dalla voglia di condividere quello che viene indicato dall’Economist come un caso di successo nel settore Beauty italiano. Non è una cosa che accade spesso e per questo va analizzata partendo dai fatti.
STRATEGIA MARKETING DI KIKO. Il sig. Percassi (fondatore di Kiko), ha una catena di vendita cosmetici. Per differenziarsi dagli altri competitor sceglie di fare quello che fanno Zara e H&M nel settore abbigliamento: mantiene i prezzi bassi e aggiorna in continuazione il suo catalogo prodotti. A questo decide di aggiungere un attenzione in più verso il cliente, selezionando e formando personale di vendita in grado di dare consigli durante il processo di acquisto e scelta dei prodotti. Tutto questo viene veicolato in maniera perfetta sul web e sui social, e si rivela vincente.
COSA PUÒ ESSERE UTILE PER UN’ESTETISTA. Ci sono vari elementi importanti nella strategia di marketing qui sopra illustrata: differenziazione dalla concorrenza, prezzi bassi, stagionalità, attenzione al cliente, il tutto comunicato in maniera chiara e coinvolgente soprattutto sul web e sui social network. Questo mix funziona per una grande catena, ma come si può applicare alla clientela di un centro estetico? Offrendo trattamenti con un prezzo accessibile in grado di attrarre nuovi clienti, rinnovando il listino aggiungendo trattamenti specifici per la stagionalità in corso, riservando al cliente la maggior attenzione possibile. Molte di voi diranno che già lo fanno, allora forse manca lo step finale, cioè comunicare all’esterno quello che già fate.
PERCHÈ NON PARLIAMO DELLA QUALITÀ DEI PRODOTTI. Il marketing si occupa di portare i clienti nel negozio e farli acquistare, convinti dal messaggio, dalla scatola, dal prezzo, dal consiglio del venditore. Se poi nella scatola c’è un mattone non è colpa del marketing: mi capita di lavorare con diverse colleghe e di supportarle nella strategia di marketing, ma se poi in cabina sono un disastro, o hanno il centro pieno di polvere, o usano prodotti pessimi o sono sgarbate, qualsiasi strategia si rivelerà un fallimento.
Per questo il consiglio è sempre quello di concentrarsi nella ‘customer experience’, cioè nel far vivere al cliente la miglior esperienza possibile in cabina, senza diventare un venditore alla Vanna Marchi o spendere soldi per diventarlo, ma comunicandolo nella maniera giusta.